È ancora vantaggioso acquistare azioni?

Aug 09, 2023

L'extra-rendimento richiesto dagli investitori per detenere in portafoglio azioni anziché obbligazioni è sceso al livello più basso in oltre 10 anni.

Viene ora da chiedersi: ha quindi ancora senso investire in azioni?

Quando si vuole confrontare il rendimento possibile di queste due asset class si fa spesso riferimento all’equity risk premium, che non è altro che una semplice differenza tra due dati. L'indice ci permette di capire quanto extra guadagno gli investitori richiedono per assumersi il rischio di possedere azioni invece di investire in opzioni più sicure come i titoli di Stato. 

Puoi pensarlo come un premio per il coraggio che gli investitori si assumono nell'investire i propri soldi in azioni, che possono essere più rischiose ma offrire anche maggiori opportunità di guadagno. 

In pratica, questa differenza consiste nel confrontare il rendimento che ci si aspetta dal mercato azionario con il rendimento dei titoli di Stato statunitensi, considerati privi di rischio.

Il risultato di questa sottrazione ci restituisce l’extra ricompensa che gli investitori stanno ottenendo per prendersi il rischio di investire in azioni.

Questo, in altre parole, vuol dire che se l’equity risk premium è basso il rischio di investire in azioni potrebbe non essere adeguatamente ripagato dal rendimento che ci si può attendere nei prossimi anni.

E questa è proprio la situazione attuale.

Per avere un dato preciso dell’Equity Risk Premium ci servono quindi due dati: il rendimento atteso del mercato azionario e il rendimento dei titoli di stato a 10 anni.

Per ottenere il rendimento dell' investire oggi i nostri soldi in obbligazioni a 10 anni, possiamo osservare l’attuale livello di mercato dei titoli di stato. In alcuni casi per calcolare questo valore non vengono usati i rendimenti nominali ma quelli reali e quindi corretti per l’inflazione.

Non è invece certo il rendimento atteso del mercato azionario per i prossimi 10 anni. Per avere una stima, nel calcolo si usa il cosiddetto Earnings Yield, che non è altro che l'inverso del rapporto prezzo/utili (P/E).

Ad ogni modo, qualsiasi logica di calcolo si voglia seguire, quello che si nota è che ci troviamo a livelli storicamente bassi.

Secondo il Wall Street Journal il differenziale tra il rendimento degli utili dell'S&P 500 e il rendimento dei titoli di Stato statunitensi a 10 anni è sceso a circa 1,1 punti percentuali la scorsa settimana, il livello più basso dal 2002.

Se si vuole utilizzare come titolo risk free il rendimento dei TIPS (titoli di stato protetti dall’inflazione) il dato è comunque arrivato al suo livello più basso dal 2003, a circa 3,5 punti percentuali. 

Secondo il calcolo di Yardeni Research, che utilizza come titoli privi di rischio i rendimenti delle obbligazioni statunitensi a 10 anni aggiustate per il tasso di inflazione atteso sempre nei prossimi 10 anni, l’ERP è comunque ai minimi di oltre un decennio.

Come possiamo vedere dal grafico, il premio di rischio ha iniziato a ridursi nella seconda metà dello scorso anno. In quel periodo, le azioni si sono stabilizzate dopo un sell off di inizio anno, mentre i rendimenti obbligazionari hanno continuato a salire in risposta all'aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve per combattere l'inflazione. 

Quest'anno, invece, il premio ha continuato a diminuire per ragioni leggermente diverse: i rendimenti obbligazionari non sono aumentati così tanto, ma le azioni hanno preso il volo, spinte al rialzo dal crescente ottimismo degli investitori sull'economia.

Osservando l’immagine notiamo inoltre che i premi al rischio sono diventati prossimi allo zero prima dello scoppio della bolla dot-com alla fine del 1990. 

Tuttavia, come dichiarato da Brian Jacobsen, capo economista di Annex Wealth Management, non ci sono relazioni statisticamente forti che permettono di dimostrare una correlazione tra il valore del ERP e i rendimenti futuri del mercato su un orizzonte di uno o tre anni.

Nello scenario attuale, i premi al rischio potrebbero quindi tornare ad allinearsi alla media di lungo periodo non per un calo delle azioni, ma perché i rendimenti obbligazionari potrebbero scendere.

Molti investitori credono infatti che la Fed abbia finalmente posto fine al rialzo dei tassi di interesse, scontando con una probabilità di solo il 30% che Powell aumenti nuovamente i tassi quest'anno.

Se si sposa questa visione, ovvero che i tassi scenderanno, l’attuale livello dell' ERP può essere quindi letto come un interessante momento per accumulare obbligazioni, il cui prezzo si muove in maniera opposta a quello dei rendimenti.

Questo anche a fronte di stime sugli utili che sono viste in crescita nei prossimi mesi a partire da Q3, dopo il calo osservato negli ultimi trimestri.

Queste stime confermano la visione secondo cui il mercato si è posizionato in uno scenario di crescita economica e di ripresa della domanda

Tuttavia, dati poco incoraggianti provenienti dalla crescita del PIL statunitense, dal mondo del lavoro che si contrae e da un’inflazione che rimane più alta delle attese potrebbero portare a una revisione di questo scenario.