Dobbiamo temere le Zombie Companies?

Nov 02, 2022

Nonostante Halloween sia ormai alle spalle rimangono ancora degli zombie in circolazione.

Sto parlando delle Zombie Companies.

In questo focus approfondiremo di cosa si tratta e se dobbiamo temerle.

Innanzitutto quali sono le aziende zombie?

Purtroppo non esiste una definizione specifica, possiamo però dire che si tratta di tutte quelle aziende con un debito netto positivo e che hanno avuto un indice di copertura degli interessi inferiore a 1 negli ultimi tre anni.

In modo particolare, il debito netto positivo indica un’azienda che ha più debito nel suo bilancio rispetto alle attività liquide utili per coprire il debito stesso.

L’indice di copertura degli interessi ci indica invece la capacità di un'azienda di onorare i pagamenti del debito. In altri termini, ci fa capire se l’azienda ha prodotto abbastanza profitti per pagare i propri interessi sul debito.

Se l’indice è inferiore a 1, come nelle zombie companies, il rischio di insolvenza dell’azienda diventa molto alto.

Stando a questa definizione, il 13% delle società quotate negli Stati Uniti, con debiti netti di $ 520 miliardi, sarebbero considerate zombie, secondo un'analisi di Goldman Sachs.

Tuttavia, sempre in base a quanto riportato dalla banca d’investimento, molti di questi presunti zombie sono in realtà aziende in rapida crescita. 

Se infatti tra queste si selezionano solo quelle che hanno sottoperformato l’indice S&P500 di almeno il 5% negli ultimi due anni, il numero da 13% passa al 4% delle società quotate, con $ 200 miliardi di debito netto.

Il problema che potrebbe coinvolgere tutte queste aziende è però l’aumento dei tassi di interesse.

Molti critici ritengono che i tassi di interesse ultra-bassi, che hanno caratterizzato gli ultimi anni, avrebbero dato origine a un esercito di società zombie, tanto da aver alimentato, come suggerisce il Financial Times, una “zombiepocalypse”.

Infatti, finché i tassi di interesse sono stati prossimi allo zero, indebitarsi era praticamente gratuito e ciò ha spinto molte aziende sull’orlo del fallimento a rimanere in vita.

Inoltre, c’è da considerare che in uno scenario in cui indebitarsi è “conveniente”, le società Zombie pagano comunque interessi più alti (in base al rischio), attirando quindi investitori alla disperata ricerca di rendimenti che il mercato obbligazionario risk free non offre.

Tuttavia, attualmente la situazione sembra essere ancora sotto controllo. 

Se osserviamo il numero di aziende in bancarotta negli Stati Uniti siamo ai minimi storici.

Nonostante ciò, secondo la società di rating Moody’s, i tassi di default potrebbero crescere negli Stati Uniti dal 2% al 7,8% entro agosto 2023, mentre nei paesi EMEA potrebbero raggiungere il 6,5% da circa il 2% attuale.

Secondo il Financial Times in paesi come il Regno Unito, il Belgio, la Spagna, la Grecia, il Portogallo e l'Italia, le società zombie sono ancora di più che oltreoceano. Il tenere in vita queste aziende rappresenterebbe un problema, in quanto rallenterebbe la crescita di nuove aziende che vogliono entrare nel settore.

Il processo di distruzione creativa, così come l'ha definito l’economista Joseph Schumpeter, consiste proprio in un meccanismo di innovazione economica con cui nuove unità produttive sostituiscono quelle obsolete. Inevitabilmente le aziende dovranno fallire per liberare risorse (capitale e persone) che potranno poi essere riallocate in maniera più efficiente.

Un indicatore da monitorare per valutare il rischio di queste aziende è il rendimento delle obbligazioni Junk (spazzatura). Più si alza più il rischio di insolvenza che il mercato attribuisce a queste aziende aumenta. Di conseguenza, diventerà anche più costoso per queste ultime contrarre nuovi debiti a tassi sempre più alti.

Come possiamo osservare dal grafico seguente i rendimenti, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, si stanno nuovamente alzando, ma sono tuttavia ancora al di sotto dei valori raggiunti durante la crisi del 2000 e del 2008.

Inoltre, molte aziende hanno sfruttato i tassi bassi degli ultimi anni per indebitarsi, anticipando l’attuale rialzo dei tassi.

Infatti, come mostra il grafico di seguito, solo l'1% circa del debito esistente deve essere rifinanziato nel 2023 e meno del 10% deve essere rifinanziato prima del 2025.

Rimane comunque una situazione che sarà da monitorare di pari passo con il miglioramento o peggioramento della situazione economica.

Tuttavia, bisogna anche considerare che molti di questi studi e dati si basano solo sulle grandi società quotate. Rimangono perciò escluse dall'analisi una grande quantità di piccole/medie imprese che in un periodo di rialzo dei tassi, come quello attuale, dovranno affrontare gli stessi problemi.