Abenomics: il piano per rivitalizzare l'economia giapponese

Jul 13, 2022
Venerdì 8 luglio l‘ex primo ministro giapponese Shinzo Abe, 67 anni, è morto a seguito di un attentato durante un evento elettorale.

Abe è stato il più longevo primo ministro del Giappone, avendo ricoperto tale carica una prima volta dal settembre 2006 al settembre 2007 e una seconda volta dal 26 dicembre 2012 al 16 settembre 2020.

Con l’inizio del suo secondo incarico, prendono il via anche una serie di  iniziative macroeconomiche aventi l'obiettivo di sollevare il Giappone dalla decennale depressione economica.

Queste politiche prendono il nome di Abenomics (sincrasi di Abe e economics) e furono caratterizzate da tre direttrici: aumento della spesa pubblica, una politica monetaria accomodante e delle riforme strutturali che hanno reso lo yen più debole, al fine di aumentare le esportazioni giapponesi.

Nello specifico erano state attuate le seguenti manovre:

  • Il deprezzamento dello Yen, che aveva l’obiettivo di incentivare l’export giapponese costantemente minacciato da quello cinese.
  • Un tasso di interesse negativo, che spingeva i consumatori a spendere, aumentando la domanda, piuttosto che a risparmiare.
  • Una politica monetaria espansiva per combattere la deflazione cronica del paese.

La deflazione rappresenta infatti una situazione economica pericolosa, perché forma una spirale discendente di aspettative recessive che si autoavverano, oltre a gravare su coloro che prendono in prestito soldi per finanziare gli investimenti.

L'obiettivo di Abe era perciò quello di spingere l’inflazione giapponese al di sopra del 2% per ripristinare gli investimenti e la crescita.
Ad Abe si deve anche una serie di politiche per affrontare il declino della forza lavoro giapponese, tra cui alcune manovre messe in campo per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.Abe verrà ricordato soprattutto per le sue politiche monetarie ultra espansive, che sono state successivamente riprese da diversi paesi.

Per affrontare il problema della deflazione nel 2013 la Bank of Japan (BOJ) avviò una politica di Quantitative Easing.

Questo non fu però sufficiente tanto che nel 2016 portò i tassi di interesse in negativo. Inoltre, si rese necessaria l'introduzione di uno strumento per il controllo della curva dei rendimenti (YCC).

Attraverso la Yield Curve Control, la BOJ fissa un tetto ai rendimenti obbligazionari a 10 anni (circa lo 0%) e ogni qualvolta che i tassi salgono oltre il target, la Banca Centrale non fa altro che comprare attività per spingerli nuovamente verso il basso.
Quando nel settembre 2020 Abe è stato costretto a lasciare l'incarico per problemi di salute, sotto il profilo della politica monetaria diversi paesi erano “diventati giapponesi”.

Nel 2020 la Banca Centrale Australiana (RBA)
ha adottato una politica di controllo della curva dei rendimenti a imitazione esplicita della Banca del Giappone.

La BCE,
pur non controllando direttamente la curva dei rendimenti come il Giappone o l’Australia, ha comunque adottato manovre di politica monetaria ultra accomodante.

Quando all’inizio del 2022 sia la Fed che la BCE hanno indicato un cambio di rotta per quanto riguarda la politica monetaria e la fine del QE, la Banca del Giappone è rimasta isolata.

La BOJ sta infatti continuando ad optare per una politica monetaria espansiva.

Di conseguenza, come vediamo di seguito, i gap tra i rendimenti dei titoli di stato giapponesi e quelli degli altri paesi si stanno notevolmente ampliando.
Bisogna però fare una precisazione: il Giappone ha subito gli stessi shock che hanno colpito l'economia globale (aumento dei prezzi del petrolio e del gas), ma mentre l'inflazione è salita oltre l'8% negli Stati Uniti e nel Regno Unito, in Giappone‎‎ è rimasta al 2,5%.

La valuta locale, lo Yen, continua a scendere inesorabilmente, toccando valori che non si registravano da 24 anni.Se la BOJ dovesse apportare modifiche alla propria politica monetaria per allinearsi alle altre economie mondiali, la tempistica di tale mossa sarebbe fondamentale.

In altre parole, qualora la riduzione di liquidità dovesse coincidere con una recessione negli Stati Uniti, che spingerebbe la Fed a frenare il suo piano di aumento dei tassi, il forte deprezzamento dello yen potrebbe rapidamente invertirsi. ‎

Gli analisti di Goldman Sachs affermano che gli hedge fund stanno utilizzando il mercato dei derivati in Yen (opzioni) per scommettere proprio su una recessione negli Stati Uniti.

Questo perché se gli investitori credono che i tassi statunitensi abbiano raggiunto il picco, allora presumono anche che il cambio dollaro/yen sia al massimo.

Non ci rimane che osservare come si evolverà questa vicenda.